Adriano Stefani Psicologo

I Giochi di coppia dell'Analisi Transazionale

Le dinamiche di coppia che distruttivamente si ripetono sempre uguali, senza fine.

I Giochi di coppia dell'Analisi Transazionale

Nel linguaggio comune, i Giochi psicologici di coppia prendono il nome di “dinamiche di coppia”. Si sa, le coppie sono un territorio molto “caldo”, forse il contesto relazionale caldo per eccellenza, dove hanno luogo le interazioni più intense, nel bene e nel male. 

Di solito nel breve periodo – quando si forma la coppia e ci si innamora – si assiste prevalentemente al “bene”, mentre nel medio periodo, appare sempre di più il “male”, allorché prendono piede le dinamiche di coppia ripetitive e distruttive, che fanno sentire i partner meno amati e più distanti fra di loro.

Se si saprà riconoscere ed affrontare tali dinamiche, nel lungo periodo, si potrà progressivamente avere accesso a fasi della vita di coppia più gratificanti, fasi che, purtroppo, solo poche coppie raggiungono.

Il fine di questo articolo è quello di aiutare a riconoscere tali dinamiche di coppia, al fine di farvi fronte allorché si manifesteranno in futuro (e questo vale per le coppie più giovani) o di permettere di riconoscerle oggi, se si sono già manifestate (fatto inevitabile nelle coppie più mature).

Nell’articolo in tema di Giochi psicologici, descrivo le dinamiche generiche e distruttive – chiamate “Giochi” nell’ambito dell’approccio psicologico dell’Analisi Transazionale – che possono presentarsi tra gli esseri umani, a prescindere dal tipo di relazione che essi hanno tra di loro e, quindi, anche al di fuori delle relazioni di coppia. I Giochi psicologici sono stati inizialmente descritti dal fondatore stesso dell’Analisi Transazionale, Eric Berne, nel suo libro “A che gioco giochiamo” che fu, negli anni ‘60, un “best seller” internazionale.

 

I Giochi di coppia

Nel suo testo, Berne descrive 36 Giochi psicologici di cui 7 denominati “coniugali”. In questo articolo voglio presentare i 7 Giochi “coniugali”, perché questi si presentano spesso – ma non solo – nell’ambito di una relazione di coppia. 

I “Giochi coniugali” consistono in una serie di interazioni che hanno luogo tra i partner di una coppia, che si ripetono nel tempo in modi simili e che producono distanza e incomprensioni. Piccole storie, sempre uguali, come ad esempio: un partner si lamenta per una dimenticanza (vera o presunta) dell’altro partner, questi allora reagisce con una rispostaccia, allora il primo partner si chiude e lascia il campo ed entrambi finiscono per stare male, provando emozioni “negative”. E così via per mesi, anni, sempre nello stesso modo e interpretando gli stessi ruoli. Usurante!

Ogni coppia ha uno o più Giochi preferiti, durante i quali i partner interpretano e scambiano fra di loro i ruoli (disfunzionali) di Vittima, Persecutore e Salvatore, così come sono descritti nella teoria del triangolo drammatico di Karpman. Chi lo desidera può approfondire la teoria del triangolo drammatico leggendo l’articolo sui Giochi psicologici, altrimenti qui basti dire che, durante i Giochi di coppia, i partner assumono dei modi di fare in cui, senza che se ne accorgano, non sono completamente coscienti e non prendono interamente in considerazione i dati di realtà o, in altre parole, non pensano in modo Adulto. Questa è una lezione difficile per tutti da digerire (ciascuno di noi ha, in definitiva e in qualche misura, un orgoglio da difendere), ma la prova dell’esistenza di tale forma di pensiero (e di comportamento) non-Adulto è che, almeno all’inizio di una relazione, dopo un litigio, passato del tempo, si tende a ritornare sui propri passi e a mettersi in discussione: “Sai, non intendevo giudicarti, dirti che sei una brutta persona o andarmene. Ma in quel momento ero preso dall’emotività”, e uno psicoterapeuta di coppia aggiungerebbe: “In quel momento ero preso dall’emotività e non pensavo lucidamente, non coglievo tutti gli aspetti della situazione”.

 

Conoscere i Giochi della propria coppia

Ma perché i partner smettono ad un certo punto di scambiarsi amore e cominciano a “giocare”? Non potrebbero semplicemente continuare a volersi bene e a trattarsi con affetto? In linea teorica, sì, sarebbe possibile, ma nella pratica succede che, dopo una fase di innamoramento in cui si immagina – illusoriamente – che il partner ci darà sempre tutto quello di cui avremo bisogno (presenza, attenzione, cure, affetto, sicurezza materiale, amore, riconoscimento, stimoli intellettuali), inizia l’incontro con la “realtà reale” in cui si fa esperienza di bisogni frustrati, che fanno risuonare in noi le mancanze infantili di cui non siamo consapevoli. E qui iniziano i guai perché, non essendo in genere consapevoli delle mancanze infantili, iniziamo a comportarci in modi infantili, ossia automatici e manipolativi: mettiamo il broncio, aggrediamo, ci chiudiamo, attacchiamo, ci difendiamo, ricattiamo e così via. Non riusciamo a chiedere direttamente, a mostrare apertamente i nostri bisogni e la nostra vulnerabilità e utilizziamo delle modalità distruttive e infantili al posto delle modalità Adulte.

Ma queste modalità distruttive attivano altre modalità distruttive nel partner, dando luogo a cicli ripetitivi di interazioni, che si chiudono con un nulla di fatto. Tali cicli di interazioni, poi, nel tempo tendono a irrigidirsi sempre di più. Ecco perché è così importante conoscerli per tempo: per inserire gradualmente in questi circuiti l’ingrediente della consapevolezza e, in tal modo, permetterci di fare qualcosa di diverso e di più amorevole. Prima che sia troppo tardi.

Il primo passo è, dunque, rendersi conto di star giocando.

Il secondo passo consiste nello svelare che si sta giocando: “Ma guarda, ci siamo ricaduti, siamo nuovamente nella nostra cara dinamica di coppia!”. Svelare il Gioco a noi stessi e al proprio partner stimola quell’incremento di consapevolezza che permette di interrompere il Gioco. 

Ma questa è spesso fantascienza perché, anche nelle coppie dove entrambi i partner stanno lavorando psicologicamente su di sé e sulla coppia, quello che solitamente avviene è che si diviene consapevoli di ciò che sta avvenendo solo qualche volta e solo in modo alternato: talvolta sarà un partner ad accorgersi che la coppia sta giocando, altre volte sarà l’altro.

Quando, dunque, si diviene consapevoli di trovarsi all’interno di una dinamica di coppia, mentre l’altro partner è ancora troppo coinvolto nel Gioco, è necessario un terzo passo che permetta di uscire dal Gioco singolarmente e di agire individualmente in modo Adulto e costruttivo. “Chi ha più intelligenza, la usi”, dice il noto adagio popolare e, qui, stiamo parlando proprio di questo.

Descriverò ora i 7 Giochi psicologici che Berne ha chiamato “coniugali” fornendo per ognuno di essi delle possibili via di uscita Adulte.

 

1. Spalle al muro

Un partner invia all’altro un messaggio mettendolo all’angolo, “spalle al muro”, ossia chiedendogli di fare una cosa, per poi biasimarlo sia se la farà, sia se non la farà.

Ad esempio:
Mario: “Lavi i piatti, per favore?”.
Maria, mettendosi all’opera: “D’accordo”.
Mario, osservandola accigliato: “Certo che non sei proprio capace di lavare i piatti!”
Maria: “Allora non lo faccio!”.
Mario: “Ecco, lo sapevo, devo sempre fare tutto da solo!”

Mario passa dal ruolo del Persecutore (so lavare i piatti meglio di te) a quello della Vittima (nessuno mi aiuta), Maria rimane nel ruolo della Vittima (come faccio, sbaglio). Il Gioco potrebbe – o non potrebbe – andare avanti con ulteriori e interessanti scambi di ruolo che intensificherebbero ulteriormente il Gioco.

Se in quel momento i partner sono sufficientemente consapevoli ed hanno già affrontato insieme il Gioco in passato, il Gioco può essere svelato ed entrambi i partner possono contribuire a interromperlo scambiandosi reciprocamente delle rassicurazioni: “Siamo entrambi OK”.

Se ad accorgersene è solamente il secondo partner, nell’esempio Maria, questa potrà interrompere il Gioco con la mossa Adulta di invitare il primo partner (Mario) a dire come lo farebbe: “Come li laveresti tu? Fammi vedere. D’accordo farò così”. Senza, ovviamente, utilizzare il sarcasmo (che rappresenta sempre una critica nascosta) e magari fornendo anche qualche complimento (sincero): “Sì, giusto, come lavi tu i piatti vengono proprio bene!”.

Se ad accorgersi del Gioco è, invece, il primo partner… Beh, eviterà di dare il via al Gioco fin dall’inizio!

 

2. Il tribunale

Questo Gioco di coppia si gioca (minimo) in tre: un partner nel ruolo dell’Accusatore, un partner nel ruolo dell’Imputato e una terza persona, di solito un figlio o uno psicoterapeuta, nel ruolo del Giudice. L’Accusatore e l’Imputato tentano con ogni mezzo di coinvolgere il Giudice che, se esprimerà il proprio verdetto a favore di uno dei due partner, determinerà la conclusione disastrosa del Gioco: il partner che ha “vinto” si sentirà comunque disconnesso dal proprio partner, il partner che ha “perso” si sentirà umiliato e incompreso, il Giudice si sentirà manipolato e in conflitto con il partner che ha “perso”.

Ad esempio, in una seduta di terapia di coppia:
Giovanni, nella posizione del querelante, racconta una lunga lista di mancanze della moglie: “Ha dimenticato di restituire il libro in biblioteca. Ha lasciato il fuoco acceso sotto la pentola a pressione e si è bruciato tutto. Ha graffiato l’auto nuova…”.
Giovanna, espone la sua difesa: “Ho dovuto prendere i figli a scuola, fare la spesa, non mi è rimasto tempo per occuparmi di…”.
Giovanni, rincara la dose: “E poi spende sempre troppo!”.
Giovanna a questo punto può sporgere querela lei stessa: “Non è vero, sei tu che hai acquistato un’auto eccessivamente costosa che non potevamo permetterci, mettendoci tutti in difficoltà economica”.
Giovanni passa dal ruolo dell’Accusatore (Persecutore) a quello dell’Accusato (Vittima). Anche Giovanna scambia i due ruoli, ma in ordine inverso. Entrambi protestano al fine di dimostrare che hanno subito un torto, come se dicessero: “Sei tu il colpevole e devi ammetterlo!”. In realtà entrambi, finché sono all’interno di questo Gioco, sono nella posizione “Nessuno mi capisce”.

Se il Gioco ha luogo nello studio di uno psicoterapeuta e non viene svelato e interrotto, il terapeuta (magari lusingato) assumerà il ruolo di Giudice, ma la terapia sarà destinata a durare poco e a non approdare a nulla.

Come per tutti i Giochi di coppia, la cosa migliore sarebbe che entrambi i partner si accorgessero di star giocando il Gioco e insieme lo interrompessero svelandolo.

Se è uno solo dei partner ad accorgersi del Gioco, può segnalare all’altro di non voler partecipare al Tribunale e invitare a parlarsi dopo qualche tempo, in modo meno emozionato.

Il Giudice, per non alimentare il Gioco, deve rifiutare categoricamente il ruolo di Giudice e invitare l’Accusatore a parlare direttamente con l’Imputato.

 

3. La frigida o il frigido

Un partner mette in atto il suo approccio sessuale, l’altro lo respinge. Dopo ripetuti tentativi, il partner respinto si sente accusato di non amare di vero amore e di essere interessato unicamente al sesso. Dopo un altro po’, parte una raffica di accuse reciproche.

Ad esempio:
Pino si avvicina fisicamente ed in modo esplicito a Pina.
Pina lo respinge dicendo: “Tu non mi ami per quello che sono, ti interessa solo il sesso!”.
Pino per un po’ lascia stare, ma poi ci riprova, con lo stesso risultato.
Dopo alcuni episodi di questo tipo, Pino si rassegna e questa volta lascia perdere per un bel po’.
I due si tengono a distanza esibendo modi freddi tra di loro.
Un giorno Pina è di buon umore e si avvicina a Pino e, sorridente, lo abbraccia.
Pino, dapprima freddo e distaccato, gradualmente si scongela e ci riprova di nuovo.
Pina lo respinge bruscamente esclamando: “Ecco, lo vedi, sei come tutti gli uomini: pensate solo al sesso! Io volevo solo un po’ d’affetto”.
Pino contrattacca accusandola di ogni cosa.
Pina ribatte colpo su colpo.

Entrambi i partner passano vicendevolmente dal ruolo del Persecutore a quello della Vittima.

Per giocare a questo Gioco, entrambi i partner – sia il respinto, sia il respingente – devono possedere, a un qualche livello, delle convinzioni irrazionali e inconsce in tema di sessualità: “Il sesso è sporco”, “Chi fa sesso è impuro”, “Non sono capace, non sono all’altezza di fare sesso”, etc.

Come già detto, la migliore soluzione è sempre quella per cui entrambi i partner si rendano conto insieme del Gioco ed insieme lo svelino, ma per questo tipo di Gioco lo svelamento è piuttosto difficile, poiché le convinzioni in tema di sessualità sono una cosa piuttosto delicata e i partner tendono a nasconderle fermamente nella propria psiche inconscia. Più realistica è l’opzione di affrontare questo Gioco in un contesto di psicoterapia di coppia, allo scopo di affrontare le difficoltà sessuali sottostanti ad entrambi i partner in un ambiente reso sicuro dalla competenza di uno psicoterapeuta preparato allo scopo.

 

4. L’occupatissima o l’occupatissimo

Uno dei due partner si accolla ogni incarico e ogni responsabilità della coppia o della famiglia ed è costantemente sovraccaricato. L’altro partner, esigente, è pronto a criticare il partner occupatissimo se ha l’impressione che diminuisca il suo livello di efficienza, fino al momento in cui il primo non ce la fa più e si arrende.

Ad esempio:
Angela è una casalinga-lavoratrice con tre figli e padroneggia dieci-dodici occupazioni diverse: gestisce la contabilità della casa, fa le pulizie, lavora, organizza le feste, intrattiene gli invitati, cucina, accompagna i bambini a scuola e dal medico, mantiene i rapporti con i parenti e gli amici.
Quando la sera Angelo non trova in tavola le sue pietanze preferite, brontola.
Angela col tempo finisce per sentirsi sempre più infelice ed un giorno crolla, per cui la sera non è pronto nulla.
Angelo, uomo molto impegnato, rientrando a casa la sera tardi e non trovando il pasto pronto, si lamenta apertamente.
Angela riprende il suo ruolo di “occupatissima” finché non crolla definitivamente.

Angelo assume il ruolo del Persecutore, mentre Angela passa dal ruolo della Salvatrice a quello della Vittima.

Se il Gioco non viene svelato – prima di finire in ospedale o in comunità psichiatrica – il partner occupatissimo ha bisogno di rendersi conto delle convinzioni irrazionali che lo spingono a “Darci dentro” e a “Compiacere” sempre e comunque. Questi ha bisogno di comprendere che tali “devo inconsci” provengono sia dalla propria psiche sia da quella del partner, per poi decidere di cambiare modalità e di svolgere un compito alla volta. Una simile presa di coscienza ha bisogno di tempo e, talvolta, del sostegno di un percorso di psicoterapia individuale.

 

5. Tutta colpa tua

Un partner, dai tratti autoritari, impedisce di fare qualcosa all’altro partner. Questi allora si lamenta e colpevolizza il primo, attribuendogli la responsabilità della propria infelicità

Ad esempio:
Antonietta esprime il desiderio di andare a ballare la sera.
Antonio non ne ha voglia.
Antonietta propone di andarci da sola.
Antonio proibisce ad Antonietta di andare a ballare la sera senza di lui perché lo ritiene sconveniente.
Antonietta si sottomette, ma si lamenta: “Sono infelice, perché non mi posso esprimere ballando. È tutta colpa tua se sono infelice”.

Antonio si trova nel ruolo del Persecutore, Antonietta passa dal ruolo della Vittima a quella della Persecutrice.

Se la coppia riesce a svelare il gioco parlandone insieme, ottimo. Se così non fosse, si avrà bisogno che a interrompere il Gioco con una mossa Adulta sia il partner colpevolizzato (Antonio) smettendo di scegliere per l’altro (vai pure a ballare). 

Il Gioco può essere anche interrotto dal partner colpevolizzante (Antonietta) se, divenuto cosciente del Gioco, smette di delegare all’altro la responsabilità di scegliere (vado a ballare). Questa seconda opzione, però, si scontra spesso con una fobia di cui la persona non è consapevole. Nell’esempio, Antonietta – sotto sotto – può in realtà aver paura di ballare in un contesto pubblico, motivo per cui si sottomette al divieto del marito e, in questo modo, riesce a non vivere la propria paura sottostante. Essendo questi dei movimenti non consapevoli della psiche, anche in questo caso può essere utile approfondirli e modificarli in un contesto psicoterapeutico.

 

6. Non è la volontà che mi manca

Un partner non ha voglia di fare qualcosa e utilizza delle scuse per non farla perché teme che, se svelasse la sua vera motivazione, verrebbe criticato o contestato. L’altro partner propone delle soluzioni che vengono tutte regolarmente respinte. Il Gioco può o non può evolvere in un litigio ma, in ogni caso, il primo partner non agirà, potendo infine affermare: “Non è la volontà che mi manca”

Ad esempio:
Francesca: “Andiamo a giocare a padel oggi pomeriggio?”.
Francesco, che in realtà ha in progetto di vedere una partita in TV: “Mi piacerebbe, ma non posso, l’ultima volta ho rotto la racchetta, ricordi?”.
Francesca: “Perché non ne prendi una nuova al solito negozio?”.
Francesco: “Ci sono già passato, ma hanno dato via quasi tutto”.
Francesca: “Allora ti presto la mia racchetta di riserva”.
Francesco: “Grazie, no, io uso una racchetta più grande, non saprei giocare con la tua”.
Francesca: “Puoi venire e guardare noialtri giocare”.
Francesco: “No, non c’è gusto a venire senza giocare”.
A questo punto la discussione si chiude con Francesco che ha raggiunto il proprio scopo di rimanere a casa, ma c’è tensione nell’aria.

Francesco assume il ruolo della Vittima e Francesca quello della Salvatrice. Il Gioco può finire con queste posizioni, oppure uno dei due può arrabbiarsi, assumere il ruolo del Persecutore e stimolare l’altro a intensificare il Gioco.

Il partner reticente (Francesco) può uscire dal Gioco affermando in modo Adulto il proprio autentico scopo (voglio vedere la partita). Il secondo partner, se si accorge del Gioco, può uscirne chiedendo in modo accogliente al primo quale sia il suo reale desiderio ed evitando di suggerire delle soluzioni che non faranno altro che perpetuare il Gioco.

 

7. Non è così tesoro?

In un contesto sociale, un partner fa un’osservazione sottilmente offensiva nei riguardi dell’altro partner, aggiungendo: “Non è così, tesoro?”. Questi, per non essere scortese in pubblico rispetto al partner che l’ha chiamato, per giunta, “tesoro”, fa mostra di accettare benevolmente l’osservazione.

Ad esempio:
Piero e Piera hanno litigato il giorno precedente scaricando l’auto dalle buste della spesa. 
Oggi sono ad una riunione scolastica e Piero, ancora risentito, racconta agli astanti con fare fintamente divertito: “… e a quel punto, tornati a casa con la macchina strapiena, Piera ha fatto cadere la busta con le bottiglie di vetro, rompendole esattamente tutte, né una di più, né una di meno, non è vero, tesoro?”.
Piera, fingendo di stare al gioco e sorridendo: “Già, purtroppo sono scivolata”.
La storiella finisce lì ma Piero, che è riuscito a stoccare la sua frecciatina, gode di un finto trionfo, Piera si trattiene e accondiscende.

Un partner (Piero) incarna il ruolo del Persecutore, l’altro (Piera) quello della Vittima che incassa senza reagire. Ma per quanto tempo si tratterrà? Probabilmente quando smetterà di assumere il ruolo della Vittima, prenderà il ruolo del Persecutore.

La mossa Adulta del partner offensivo (Piero) passa dalla presa di coscienza di essere risentito per un qualche motivo col proprio partner e dalla conseguente decisione di affrontare la cosa in modo costruttivo, in un contesto, però, in cui ciò sia possibile (confrontandosi con Piera prima o dopo la riunione scolastica, con calma aspettando un momento di connessione, in terapia di coppia, etc.). Il partner offeso (Piera) può interrompere il Gioco, invitando senza acredine l’altro partner a non raccontare fatti e storie che lo mettano in cattiva luce.

 

I meriti e i limiti dell’AT

Conoscere i Giochi giocati all’interno della propria coppia è sicuramente molto utile, perché può stimolare conversazioni e comportamenti più positivi tra i partner.

Però, ci sono dei “ma”, il primo dei quali è che i Giochi descritti dal grande Eric Berne sono solo alcuni dei Giochi che le coppie giocano. Certi autori hanno aggiunto dei Giochi all’elenco di Berne, mentre altri autori ne hanno tolti alcuni perché, a detta loro, non esibirebbero tutte le caratteristiche di un Gioco vero e proprio. 

L’elenco che propongo in quest’articolo è un ottimo compendio per iniziare (o continuare) il processo di auto-osservazione e di auto-critica, fondamentale per un progetto “coppia” che voglia durare nel tempo. Per chi volesse esplorare ulteriormente i Giochi, al di là di quelli appena descritti e di quelli presentati da Berne nel suo testo citato, consiglio il libro della collega Sabrina D’Amanti: “I giochi dell'Analisi Transazionale. Come riconoscerli e liberarsene”, una lettura più scorrevole rispetto al saggio di Berne e, probabilmente, anche più proficua.

Il secondo “ma”, come anche Berne stesso notò, consiste nel fatto che l’analisi dei Giochi, ossia il venir a conoscenza dei propri Giochi di coppia, non libera sicuramente e automaticamente i partner da questi incresciosi eventi.

Nella mia esperienza di psicologo, ho notato che la conoscenza dei Giochi di coppia che offre l’Analisi Transazionale, può essere d’aiuto per le coppie che abbiano già un buon livello di benessere o per le coppie nate in tempi recenti. Le coppie dove vi è un buon livello di benessere, molto probabilmente, sono coppie di partner consapevoli, già sul cammino della ri-scoperta della fiducia reciproca. D’altra parte, le coppie giovani non hanno ancora avuto il tempo di giocare i loro Giochi troppo a lungo e presentano ancora un buon livello di fiducia reciproca, cosa che permette ai partner di cambiare rotta abbastanza agevolmente. 

Purtroppo, però, nella nostra società non vi è ancora una diffusa cultura della coppia. La coppia è, invece, data per scontata, come se fosse un qualcosa di fisso, un oggetto statico, un fatto che una volta conseguito (magari col matrimonio), rimane stabile nel tempo. La coppia, invece, è come una pianta che va curata e nutrita nel tempo, pena il suo declino. 

La conseguenza della mancanza di una diffusa cultura della coppia è che, generalmente, non si presta attenzione ai problemi di coppia, se non quando questi sono cresciuti al punto da essere enormi e difficili da affrontare. I partner di molte coppie ristagnano nella crisi di coppia per molto tempo (o anche per tutta la vita), o si bloccano in ruoli di dominanza-sottomissione (le cosiddette “false coppie”) o, in alternativa, si adattano ad una distanza emotiva da “coinquilini”.

Di fatto, le coppie che giungono in psicoterapia di coppia rappresentano un’eccezione, piuttosto che la regola, e hanno ripetuto i loro Giochi di coppia migliaia di volte, per anni.

Ad ogni ripetizione di un Gioco di coppia, i partner si confermano e rinforzano convinzioni negative su di Sé e sull’Altro: “Non ha interesse in me, non gli importa”, “Non sono degno della sua attenzione”, “Non mi rispetta”, “Non è capace di affetto”, “È sbagliata”, “Sono sbagliato”, e così via. Allora i partner tenderanno ad aspettarsi che il Gioco di coppia venga giocato di nuovo da un momento all’altro, ritrovandosi sempre più all’erta e meno fiduciosi. E questo non farà altro che far scattare i Giochi di coppia sempre con maggiore frequenza. Un circolo vizioso da cui diviene molto difficile uscire.

Per questo motivo l’analisi cognitiva e descrittiva di questi Giochi operata dall’Analisi Transazionale, può non essere efficace nelle coppie in cui i Giochi di coppia si sono ripetuti e irrigiditi negli anni. A questo punto e in questi casi, le opzioni disponibili sono:

  • Rassegnarsi a rimanere in una coppia in crisi o dove l’Eros è scomparso e l’amore è merce rara.
  • Lasciarsi.
  • Intraprendere un percorso di terapia di coppia.

Sono molto rispettoso del Libero Arbitrio, che considero un dono eccezionale fatto al genere umano da parte dell’esistenza. Per questo motivo non suggerisco mai cosa è meglio fare. Al più aiuto la persona o le persone a cogliere i propri sentimenti autentici, a riflettere ponendosi le giuste domande e a valutare quale sia la miglior cosa per sé stessi. 

Se si crede che la cosa migliore sia rassegnarsi ad un rapporto di coppia senza (o con poco) amore, non sarò io a giudicare o a consigliare di fare diversamente. Talvolta non vi sono le risorse materiali o psicologiche per affrontare una separazione e rassegnarsi rappresenta la migliore scelta possibile.

Anche se una coppia, o un partner, decide per la separazione, non mi permetto di giudicare o di spingere in altre direzioni. Unicamente mi permetto di stimolare la riflessione sul fatto se il lasciarsi sia una mossa costruttiva ed evolutiva (come talvolta è) oppure rappresenti una fuga regressiva, che non fa altro che rimandare lo stesso problema con il prossimo partner.

Se i partner della coppia, stufi di essere stufi, optano per cercare l’aiuto di un professionista, non vi sarà pre-giudizio da parte mia, bensì accoglienza perché stanno dimostrando di avere coraggio e speranza, due virtù enormi. Il mio avviso è piuttosto di fare questo con l’ausilio di un professionista specializzato allo scopo.

In tutti i casi, faccio il tifo per il benessere e l’evoluzione di ogni individuo.

 

NOTA: dedico questo articolo a Sabina - Musa, Moglie e Compagna - con la quale sono molto cresciuto.


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