Adriano Stefani Psicologo

Psicologia spirituale

La psicologia spirituale usa elementi sia della psicologia tradizionale sia della spiritualità per aiutare le persone a sentirsi più soddisfatte della propria vita.

Psicologia spirituale
La psicologia spirituale, anche chiamata “Psicologia transpersonale”, è quella branca della psicologia che, pur ritenendo importanti gli aspetti psichici del pensare e del sentire, reputa che la vetta a cui può aspirare l’essere umano in termini di benessere, conoscenza e comprensione sia di natura spirituale. In altre parole, il massimo dello sviluppo umano risiederebbe nella realizzazione della dimensione spirituale, ossia della dimensione al di là dell’individualità del singolo.
 


Esiste una dimensione spirituale nell’essere umano?
A questa domanda ciascuno risponde secondo coscienza, ossia secondo ciò che sente, crede e pensa di sé e del mondo. Anche se per secoli alcune delle migliori menti occidentali hanno tentato di “dimostrare l’esistenza di Dio”, non esiste, infatti, una dimostrazione scientifica della dimensione spirituale.
 
Di conseguenza la spiritualità è sempre stata una spina nel fianco della psicologia, un tema molto dibattuto e su cui non si è mai giunti ad una visione condivisa.
 
Nell’arco della storia della psicologia ci sono stati grandi psicologi atei e grandi psicologi dichiaratamente spirituali. Le diverse concezioni si sono basate e si basano su come si risponde alla domanda: come è fatto l’essere umano? Di cosa è composto?
 
In estrema sintesi i teorici della psicologia hanno risposto a questa domanda in tre modi, generando tre grandi categorie di pratica e di studio. Sottolineo i termini “estrema sintesi”, perché in realtà non conosciamo le intime convinzioni religiose e spirituali di molti autori, tuttavia il loro approccio alla psicologia ha parlato per loro e si è concentrato sulle seguenti dimensioni:
 
  • Materialismo: esiste solo la dimensione materiale, di conseguenza l’essere umano è composto solo di materia. Il pensiero e le emozioni sono un prodotto della chimica cerebrale.
     
  • Visione psico-somatica: esistono una dimensione corporea ed una diversa dimensione psichica. Il corpo è direttamente osservabile. Gli elementi psicologici (pensieri, sensazioni, emozioni, etc.) esistono in una dimensione a sé non oggettivamente osservabile, ma solo soggettivamente percepibile.
     
  • Visione tripartita: esistono il corpo, la psiche e una dimensione spirituale.

Queste tre concezioni hanno accompagnato l’evoluzione della psicologia occidentale dalle sue origini ad oggi.
 
 
Visione a una dimensione: esiste solo la materia
Vi sono (ma soprattutto vi sono stati in passato) degli psicologi unicamente interessati a quanto dell’essere umano può essere materialmente osservato e misurato.
 
Questi psicologi si dicono esplicitamente interessati a studiare unicamente i comportamenti delle persone, convinti che il resto sia alieno ad una vera ricerca scientifica e quindi ad un sapere degno di questo nome. Per tale motivo, tale branca della psicologia ha preso il nome di Comportamentismo , perché ha lo scopo dichiarato di comprendere e aiutare a modificare per il meglio la dimensione del comportamento umano.
 
Tra i comportamentisti più importanti, ricordo: John Watson, Edward Lee Thorndike, Burrhus Skinner, Ivan Pavlov.
 
Personalmente ho sempre trovato questa branca della psicologia “ad una dimensione” poco interessante perché ha volutamente e sistematicamente ignorato i “fatti della psiche”, quali l’introspezione, la capacità di riflettere, la coscienza, la percezione, l’immaginazione, il sentire, ossia tutti quegli elementi che animano il mondo interiore delle persone e che ne alimentano il senso della vita.
 
 
La visione dicotomica: corpo e psiche
La maggior parte degli psicologi hanno sposato nello studio e nella pratica professionale una visione a due dimensioni: vi è il corpo materiale da un lato e la psiche dall’altra. Questa visione a due dimensioni ha fatto sì che per lo più la psicologia si sia occupata dei “fatti della psiche” (il pensiero, la memoria, le emozioni, etc.) e delle relazioni di questi con il corpo.
 
Questa categoria di psicologi che comprende, ad esempio Sigmund Frued, Albert Ellis e Jean Piaget, o non si è occupata affatto dei “fatti dello spirito”, oppure li ha ricondotti e spiegati nei termini dei “fatti della psiche”.
 
Albert Ellis, ad esempio, ha parlato dei “fatti della psiche” (in particolare la sua teoria ha evidenziato l’influenza delle convinzioni cognitive irrazionali sul vissuto emotivo delle persone) ed ha intenzionalmente ignorato i “fatti dello spirito”, dichiarandosi sempre un ateo convinto e radicale.
 
Jean Piaget, invece, si dice che abbia volutamente tenuto fuori le proprie convinzioni religiose dai suoi contributi allo studio dell’infanzia per non incorrere nei pregiudizi da parte della comunità scientifica: si è occupato solo dei “fatti della psiche”, non ritenendo fosse utile parlare anche dei “fatti dello spirito”.
 
Sigmund Freud pur essendo dichiaratamente ateo, non aveva una visione psicologica materialista, bensì teneva in gran conto i “fatti della psiche”: il pensare, il ricordare, il sentire.
 
È sotto gli occhi di tutti che Freud abbia largamente studiato e scritto circa i “fatti della psiche” ma, come molti atei, si è sforzato per tutta la vita di comprendere i “fatti dello spirito” da “outsider” e, su questo tema, ha scritto diversi saggi, tra cui: Totem e Taboo (1913), L’avvenire di un’illusione (1927) e L'uomo Mosè e la religione monoteistica (1938).
 
La tesi di Freud è che non esistano i “bisogni religiosi” ma soltanto i bisogni psicologici. Secondo Freud la spiritualità è la manifestazione di desideri “umani” insoddisfatti. L’uomo quindi si illude quando si rivolge a Dio: in realtà si sta comportando come un “bambino desideroso del padre” che cerca in Dio un sostituto più accessibile.
 
Secondo Freud, quindi, la spiritualità sarebbe una illusione basata su bisogni infantili insoddisfatti. E la religione sarebbe l’espressione di una malattia psicologica. O al più un mezzo per dare una struttura alla società. In ogni caso, la religione sarebbe un’illusione, di cui ci può disfare.
 
Implicazioni per la psicoterapia: un paziente che si trovi a lavorare con uno psicoterapeuta “a due dimensioni” (corpo e psiche) ha due possibilità. Può vedere ignorati i propri temi e bisogni spirituali dal terapeuta che lascia sistematicamente cadere il discorso, se va bene. Oppure può sentirsi “interpretato” come un bambino non cresciuto che debba essere curato dalle proprie nevrosi religiose, se va peggio. In entrambi i casi, alla lunga, il paziente che abbia degli interessi spirituali tenderà a nasconderli al terapeuta.
 
 
La visione tripartita: corpo, psiche e spirito
Accanto al corpo e alla psiche, la visione “a tre dimensioni”, prevede una dimensione spirituale, senza che ciò implichi l’adesione ad una qualche religione convenzionale.
 
La dimensione spirituale, a differenza delle dimensioni corporea e psicologica, consisterebbe in un qualcosa che non appartiene al singolo individuo. Mentre possiamo dire che il corpo è “mio”, così come la psiche è “mia”, la psicologia spirituale afferma che nell’essere umano vi sia anche una componente spirituale che, però, non apparterrebbe al singolo, ma che sarebbe condivisa con gli altri e con il mondo, con il Tutto.
 
Lo spirito rappresenterebbe, dunque, l’elemento divino al di là della personalità. In tal senso viene chiamato “trans-personale”: trans, ossia al di là, di ciò che compone l’individualità della singola persona.
 
Hanno condiviso questa visione “tridimensionale”, o “transpersonale”, molti eminenti psicologi, tra i quali ricordo qui: Carl Gustav Jung, Roberto Assaggioli, Abraham Maslow, Ken Wilber.

Da principio Jung aveva aderito alle idee del maestro Sigmund Freud, ma dopo qualche anno se ne allontanò radicalmente e poté così introdurre nei suoi scritti e nel trattamento dei pazienti i propri interessi piuttosto peculiari. Jung, infatti, era un grande studioso di religioni, di alchimia, di esoterismo e di spiritualità a tutto tondo.
 
Jung introdusse il concetto di “inconscio collettivo”, una dimensione inconscia presente in ogni essere umano, ma che travalica i confini del singolo. Secondo la teoria dell’inconscio collettivo, la nostra psiche profonda sarebbe influenzata e si strutturerebbe a partire da elementi che apparterrebbero ad una psiche più grande, la quale sarebbe condivisa tra tutti gli esseri umani presenti e passati. L’inconscio collettivo è chiaramente un elemento trans-personale, così come lo abbiamo definito.
 
Con Jung, quindi, viene posto il primo mattone della psicologia spirituale.
 
Assaggioli approfondì il pensiero di Jung proponendo un percorso psicologico che condurrebbe l’essere umano a realizzare le sue dimensioni superiori e spirituali.
 
La sua ampia formazione a 360 gradi, permise a Maslow di sviluppare una visione complessa dell’essere umano i cui bisogni possono essere concepiti in ordine gerarchico.
 
Secondo questo sistema, la famosa “Piramide di Maslow”, i bisogni umani si disporrebbero secondo una sequenza ben precisa: dai bisogni fisiologici, a quelli di sicurezza, a quelli di appartenenza e di autostima, fino ad arrivare, in cima alla piramide, ai bisogni più elevati, ossia i bisogni cognitivi, estetici e di trascendenza.
 
Come dire, l’essere umano ha bisogno di soddisfare tutta una serie di bisogni di ordine inferiore prima di giungere a occuparsi dei bisogni spirituali, che rappresentano ciò che di più elevato si trova nell’essere umano. La spiritualità è la vetta, è l’ultimo dei lussi.
 
 
Aree di interesse della psicologia spirituale
Come anzi detto, la psicologia spirituale non esclude i livelli fisico e psicologico dell’essere umano. Di conseguenza, gli psicologi transpersonali sono interessati al soddisfacimento dei bisogni psico-fisici delle persone però, al contempo, sono anche interessati alla “realizzazione del Sé”, ossia al risveglio della natura spirituale e al soddisfacimento dei bisogni spirituali, come ad esempio: sentire di appartenere ad un mondo ordinato e dotato di scopo, scoprire le proprie qualità super-individuali di altruismo e di servizio, svolgere un lavoro che abbia anche un significato ulteriore rispetto a quello economico, percepire un senso profondo di appartenenza alla vita.
 
A causa dell’attenzione posta sui bisogni spirituali, la psicologia spirituale si è interessata ad argomenti “transpersonali”, ossia alle esperienze e agli stati di coscienza “superiori”, come ad esempio:
 
  • Le tecniche di meditazione, verificandone i benefici fisici, psicologici e spirituali.
     
  • La preghiera e le pratiche devozionali. La psicologia spirituale ha da sempre allargato la propria sfera di interesse a tutti gli indirizzi spirituali, di cui ha studiato le pratiche, gli stati di coscienza raggiunti dai praticanti, come ad esempio gli stati di coscienza devozionali e mistici.
     
  • Gli stati di coscienza non ordinari, come ad esempio: i sogni lucidi, le esperienze di vetta (in inglese “peak experiences”), gli stati alterati di coscienza indotti da sostanze.
     
  • La funzione dell’intuito, come modalità di comprensione non mediata dalle funzioni logiche e ragionative.
     
  • Le esperienze ai confini della morte, ossia i fenomeni descritti dalle persone che hanno ripreso le funzioni vitali dopo un arresto cardiocircolatorio, una condizione di coma o un grave incidente.
     
  • Lo sviluppo delle qualità umane “superiori”, quali: la saggezza, la compassione, l’umiltà, la consapevolezza.
 

Psicologia spirituale


Implicazioni per la pratica della psicoterapia
Il paziente che lavori con uno psicoterapeuta “a tre dimensioni”, uno psicoterapeuta che abbia anche una visione spirituale, ha la possibilità di affrontare sia temi psicologici sia temi spirituali.
 
Potrà quindi occuparsi in seduta dei classici temi psicologici che normalmente vengono trattati in psicoterapia, come ad esempio: la paura delle malattie, i problemi col partner, il senso di inadeguatezza sul lavoro, la paura dell’intimità, i sintomi di un trauma non elaborato, la sofferenza legata ad un lutto cronicizzato, e così via. Potrà, altresì occuparsi di temi più “spirituali”, come ad esempio: la ricerca di senso e di trascendenza allorché abbia già una vita soddisfacente di coppia e lavorativa, il bisogno di vivere una spiritualità libera dai condizionamenti culturali e familiari, il bisogno di pace, silenzio e raccoglimento.
 
Lo psicoterapeuta – anche – transpersonale può utilizzare tecniche “ortodosse” mutuate dagli approcci di psicoterapia classici e consolidati, come anche tecniche “non ortodosse”, ossia tecniche non comunemente praticate dalla comunità scientifica, che talvolta vengono mutuate dalle tradizioni spirituali più diverse (induismo, taoismo, zen, sufismo, etc). Tra le tecniche “non ortodosse” uno psicoterapeuta transpersonale può utilizzare: la meditazione, lo sviluppo della facoltà intuitiva, il lavoro sul respiro, la consapevolezza corporea e il movimento, lo yoga.
 
Personalmente nella mia attività privata all’interno del mio studio, tendo ad utilizzare strategie e approcci psicoterapeutici consolidati, quali l’Analisi Transazionale, l’EMDR per il trattamento dei traumi psichici e l’Emotionally Focused Therapy nella terapia di coppia. Questo perché, in genere, si rivolgono dallo psicologo – e quindi da me – persone che hanno bisogno di risolvere questioni al “livello psichico”, ma anche perché in genere le persone guardano con sospetto alle terapie non convenzionali.
 
Invece, durante i seminari residenziali, e con persone selezionate che abbiano alle spalle un lavoro psicologico su di sé, posso voler utilizzare tecniche meno convenzionali, quali la Meditazione e il Breathwork (il lavoro sul respiro) che considero degli strumenti molto potenti, ma non adeguati a tutti.
 
Al di là della mia esperienza personale, i pazienti che lavorino in terapia con uno psicoterapeuta (anche) transpersonale possono sentirsi capiti e supportati pur sollevando temi di natura spirituale.
 
Parlando di “fatti dello spirito” in seduta, i pazienti hanno così la possibilità di sentirsi presi sul serio e – soprattutto – non corrono il rischio di venire ignorati, o peggio ancora, etichettati o trattati come un “soggetto con nevrosi religiosa”. E naturalmente tale atteggiamento di accettazione e di non-giudizio deve poter essere offerto dal terapeuta anche qualora abbia valori spirituali o idee religiose diverse da quelle del paziente.
 
La psicologia spirituale offre quindi delle opportunità terapeutiche in più con il vantaggio di essere maggiormente esauriente e aderente ai bisogni delle persone che, come affermava Maslow, hanno bisogni fisici, psicologici e spirituali.
 
Va sottolineato poi, che ogni persona e ogni paziente ha le sue proprie esigenze evolutive, le sue proprie sfide e, quando chiede aiuto ad uno specialista, ha bisogno che questo aiuto sia il più possibile corrispondente alle sue peculiari necessità. La psicoterapia deve poter essere, quindi, un abito cucito su misura, un’esperienza che offra chiavi di lettura e tecniche utili e specifiche per la singola persona.
 
O come diceva il poeta spagnolo Leon Filipe:
 
Nadie fue ayer,
ni va hoy,
ni irá mañana
hacia Dios
por este mismo camino
que yo voy.
Para cada hombre guarda
un rayo nuevo de luz el sol...
y un camino virgen
Dios.
 
Che tradotto in italiano diviene:
 
Nessuno è andato ieri,
né va oggi,
né andrà domani

verso Dio
per la stessa strada
su cui io vado.
Ad ogni uomo il sole
riserva un raggio tutto nuovo…
e una strada vergine

Dio.
 
Buon cammino verso la salute della psiche e la realizzazione del Sé!
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