Adriano Stefani Psicologo

Intelligenza e benessere

Cos’è l’intelligenza? E come contribuisce al benessere della persona?

Intelligenza e benessere

Intelligenza, che cosa è? In genere si associano all’intelligenza le abilità cognitive del linguaggio e del ragionamento logico. Talvolta vengono prese in considerazione anche le capacità di memorizzare e di pensare per immagini.
 
Rispetto alle numerose altre competenze che l’essere umano ha, questa visione dell’intelligenza sembra essere piuttosto limitata – e limitante. Così, per allargare il nostro orizzonte mentale, ci può essere utile guardare all’etimologia della parola “intelligenza”.
 

 
Etimologicamente
La parola intelligenza deriva dal latino “intellegere” che per i Romani antichi significava: notare, percepire, ed anche comprendere. Vediamo così che alla base dell’idea di intelligenza vi sono due componenti: una passiva e una attiva.
 
Nella concezione dei Romani antichi l’idea di “intelligenza” ha a che fare con una funzione passiva, che consiste nel sapersi fare ricettivi per notare, percepire specifiche informazioni della realtà. In seconda battuta “l’intelligenza” è la capacità di fare attivamente qualcosa con quanto si è percepito: comprendere. Ossia dare un significato a quanto percepito, dargli un ordine e trasformarlo in qualcosa di utile, costruttivo e che aiuti a migliorare la vita delle persone.
 
Se prendiamo in considerazione il suo significato etimologico, il concetto di “intelligenza” presuppone la capacità di utilizzare e integrare competenze passive e attive allo stesso tempo. In questo senso “intelligenza” è qualcosa di ben più ampio rispetto al senso comune e odierno, che individua come caratteristiche dell’intelligenza esclusivamente le capacità cognitive attive (usare correttamente le parole, ragionare in senso logico-matematico), tralasciando invece tutte le capacità passive e ricettive.
 
Nel senso etimologico del termine, “intelligenza” diviene quindi la capacità di cogliere le diverse sfumature dell’esistenza per poi dare loro un senso e un significato. In tal modo, al di là delle parole e dei concetti, rientrano nel campo dell’intelligenza anche le emozioni, le sensazioni e le abilità fisiche, i suoni e la musica, le relazioni.
 
Allargare in questo modo il concetto di “intelligenza” ci permette di far rientrare nel campo delle esperienze “importanti” anche le dimensioni umane non cognitive in modo che possano essere prese nella giusta considerazione per quanto riguarda lo sviluppo armonico e il benessere delle persone.
 
A questo scopo, trovo rilevanti gli studi sull’intelligenza di Howard Gardner, il quale, attraverso metodi di indagine scientifici, è riuscito a portare all’attenzione degli studiosi la pluralità delle abilità umane, non solo quelle cognitive.
 
 
La teoria delle intelligenze multiple
Howard Gardner è uno psicologo americano, docente e ricercatore della prestigiosa università di Harvard, famoso per la sua “teoria delle intelligenze multiple”.
 
Il metodo di studio di Gardner si è basato sull’osservazione. Gardner ha studiato moltissime persone con delle lesioni cerebrali e, in questo modo, ha potuto rilevare che a lesioni di specifiche aree cerebrali corrispondono sempre specifici deficit nel funzionamento psicologico.
 
Con questa procedura Gardner è riuscito ad isolare una serie di capacità o “intelligenze”. Tali “intelligenze” sono relativamente indipendenti l’una dall’altra e rappresentano specifiche modalità di elaborazione delle informazioni
 
In base ai suoi studi Gardner ha individuato le seguenti “intelligenze”:
  1. Intelligenza linguistica. E’ la capacità di utilizzare il linguaggio scritto e parlato per esprimersi efficacemente. Le persone con un’elevata intelligenza linguistica mostrano di possedere una notevole capacità nell’utilizzare le parole, nell’imparare nuove lingue e parole, nel leggere e nello scrivere.
    Non può mancare: nei giornalisti, negli scrittori, negli avvocati, negli oratori (ad esempio i politici).
     
  2. Intelligenza logico-matematica. E’ la capacità di analizzare i problemi in modo logico, di pensare in modo critico, di utilizzare le operazioni matematiche, di ragionare per cause ed effetti.
    Non può mancare: negli scienziati, negli ingegneri, nei professionisti della finanza e nei commercialisti.
     
  3. Intelligenza visuo-spaziale. E’ la capacità di visualizzare mediante gli occhi della mente. Ad esempio permette di immaginare un oggetto tridimensionale e di vederlo ruotare mentalmente. Questo tipo di intelligenza riguarda anche la capacità di ricordare e di valutare le caratteristiche spaziali di luoghi e oggetti reali.
    Non può mancare: negli architetti, in coloro che guidano professionalmente un mezzo di trasporto (autisti, piloti, camionisti), nei grafici professionisti, negli artisti che praticano arti visive quali: pittori, fotografi, scultori e registi.
     
  4. Intelligenza cinestetica o procedurale. E' la capacità di controllare con accuratezza i movimenti del proprio corpo e di usare con abilità oggetti e strumenti concreti.
    Non può mancare: negli atleti, nei danzatori, negli artisti marziali, nei soldati e negli operai edili.
     
  5. Intelligenza naturalistica. E' la capacità di riconoscere e apprezzare le relazioni tra gli esseri – viventi e non viventi – che compongono il mondo.
    Non può mancare: nei veterinari, nei biologi, nei botanici, negli astronomi e negli ecologisti.
     
  6. Intelligenza interpersonale. E' la capacità di comprendere le intenzioni, le motivazioni e le emozioni delle altre persone. Questa intelligenza permette di comunicare e di empatizzare efficacemente con gli altri.
    Non può mancare: nei venditori, nei manager, negli insegnanti, nei medici, negli assistenti sociali e in chi lavora gomito a gomito in un “team”.
     
  7. Intelligenza intrapersonale. E' la capacità di saper cogliere e dare senso alle proprie emozioni, intenzioni e motivazioni.
    Non può mancare: negli attori.
     
  8. Intelligenza musicale. Ha a che fare con la sensibilità ai suoni, ai ritmi, alle melodie e alla musica in generale. Le persone con un’elevata intelligenza musicale sono di solito intonate e possono avere l’orecchio assoluto, ossia la capacità di riconoscere il tono delle note senza l’ausilio di un suono di riferimento (come ad esempio un diapason). Una buona intelligenza musicale permette inoltre di cantare, suonare degli strumenti musicali e di comporre.
    Non può mancare: nei musicisti, nei cantanti, nei compositori e nei produttori musicali.
Una sintesi grafica della teoria delle intelligenze multiple:


Teoria delle intelligenze multiple

 
E lo psicologo?
E lo psicologo, di quali intelligenze dovrà essere dotato per lavorare efficacemente?
 
Uno psicologo ha bisogno di padroneggiare una pluralità di intelligenze. Questo è vero per ogni tipo di lavoro, ma ciascuna professione ha sempre bisogno di alcune specifiche “intelligenze” per essere svolta efficacemente.
 
Vediamo dunque quali sono le intelligenze che uno psicologo dovrà necessariamente possedere per poter svolgere efficacemente la propria professione.
 
Una buona intelligenza linguistica giova alla professionalità dello psicologo, ma non è fondamentale. Allo stesso modo, l’intelligenza logica torna utile allo psicologo. Tuttavia è particolarmente necessario che uno psicologo possegga (o abbia sviluppato) elevate intelligenze “inter e intra” personali.
 
Deve possedere un’alta intelligenza interpersonale per saper accogliere, ascoltare empaticamente e parlare alle persone secondo una modalità che tenga conto di ciò che davvero serve loro. In altre parole, ha bisogno di cogliere le emozioni e i bisogni delle persone senza “partire per la tangente” imponendo le proprie idee.
 
Lo psicologo ha bisogno inoltre di possedere un’elevata intelligenza intrapersonale per cogliere in ogni momento come si sta sentendo nella relazione con le persone, perché ciò rappresenta una preziosa fonte di informazioni su cui basare i propri interventi.
 
 
Che fine fa il Q.I.?
Howard Gardner critica esplicitamente – ed io sono d’accordo con lui – il concetto di intelligenza misurato attraverso i metodi di misurazione del Q.I. (Quoziente intellettivo). Secondo Gardner il Q.I., in realtà, valuterebbe solo una parte delle “intelligenze” umane. Nello specifico il Q.I. misurerebbe principalmente le capacità logico-matematiche e linguistiche, trascurando invece le altre abilità.
 
Di conseguenza i diffusissimi test di intelligenza basati sul Q.I. riporterebbero valutazioni più alte per alcune persone non perché tali persone siano “più intelligenti”, ma semplicemente perché sono più brave con le parole e con la logica.
 
 
Natura e ambiente
Gli studiosi hanno discusso per anni sulla questione: l’intelligenza è frutto dei geni ereditati dai genitori o delle esperienze che la persona fa durante la vita? Dopo anni di controversie, oggi si tende a ritenere che entrambi i fattori siano rilevanti.
 
L’intelligenza dipende dunque sia dai geni sia dagli apprendimenti, il tutto però moltiplicato per le diverse tipologie di intelligenza. In altre parole, le diverse “intelligenze” sono ereditate in misura maggiore e minore in base al proprio patrimonio genetico, ma le occasioni di vita, ossia quanto le diverse intelligenze saranno stimolate, determineranno lo sviluppo vero e proprio delle varie abilità.
 
Ad esempio una persona potrà nascere con un grande talento per la musica, ma se la famiglia e l’ambiente non la incoraggeranno a coltivare questo tipo di intelligenza, questa rimarrà poco sviluppata per tutta la vita della persona. Al contrario, una persona che dal punto di vista genetico nasca con uno scarso talento musicale, se incoraggiata e seguita, potrà sviluppare col tempo una buona intelligenza musicale che le permetterà, magari senza diventare un Bach o un Mozart, di cantare, di apprezzare e di suonare la musica.
 
 
Implicazioni  (astratte e pratiche)
Se si sposa la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner ne consegue una serie di implicazioni per niente banali:
 
  • Dal punto di vista della valutazione dell’intelligenza, si viene incoraggiati a rispettare maggiormente la diversità delle persone piuttosto che a giudicarle in base alla misurazione fornita dal Q.I.. Anche se in alcuni campi le “intelligenze” misurate dal Q.I. (intelligenza linguistica e logica-matematica) sono importanti, vi sono molti altri ambiti in cui sono rilevanti altre “intelligenze”.

    Di conseguenza, i risultati dei test che si basano sul Q.I. vanno considerati con cautela. La mia speranza è che in futuro tali strumenti vengano sostituiti con strumenti che misurino tutte le diverse “intelligenze”, oppure che vengano utilizzati strumenti capaci di rilevare le specifiche “intelligenze” in base ai diversi campi di applicazione.
     
  • Dal punto di vista dell’educazione scolastica e della pedagogia, diviene importante considerare tutti gli aspetti dell’intelligenza umana, non solo quelli linguistici e logici.

    In quest’ottica sarebbe importante riequilibrare i percorsi di studio scolastico che al momento sono fortemente squilibrati a favore delle funzioni cognitive e linguistiche. Si pensi ad esempio agli attuali “programmi ministeriali” delle scuole secondarie superiori: con le dovute differenze, in genere la regola è che vengano dedicate numerose ore al “pensiero” (memorizzare, ripetere, ragionare, calcolare, scrivere, etc.), che vi siano un paio d’ore a settimana riservate all’intelligenza fisica e che vi sia solo qualche minuto – se va bene – dedicato alle dimensioni musicali, emotive, naturalistiche e relazionali.

    Gli adolescenti di oggi apprendono a scuola (si spera) l’uso del linguaggio e del ragionamento, ma imparano molto poco rispetto alle proprie emozioni (provate a chiedere ad un ragazzo quali sono le emozioni di base dell’essere umano e a cosa servono), alle abilità di relazione (come riconoscere e risolvere un conflitto, come sviluppare empatia, come rapportarsi in un gruppo in modo costruttivo, come scegliere un amico o un partner), alle proprie capacità musicali (come esprimere i propri sentimenti con la musica), alle capacità fisiche (che se non vengono coltivate al di fuori della scuola rimangono praticamente atrofizzate).
     
  • Da un punto di vista filosofico, la teoria delle intelligenze multiple va ad erodere la convinzione che le funzioni cognitive determinino in larga misura il valore della persona.

    Nell’attuale "società dell'informazione" vengono considerate intelligenti soprattutto le persone che hanno una grande capacità linguistica e/o logica. La concezione delle intelligenze multiple aiuta a restituire dignità alle persone che, pur non avendo una abilità linguistica sviluppata, hanno altre capacità.
     
  • Dal punto di vista delle scelte vocazionali e di vita, la teoria delle intelligenze multiple può aiutare la persona che ha bisogno di compiere una scelta di vita e di definire un percorso formativo, a individuare le proprie aree di forza e di debolezza.

    Come ho scritto nell’articolo: Come trovare la propria vocazione, per individuare la propria vocazione può essere utile individuare prima le proprie passioni e i propri valori. Conoscere anche quali sono le proprie specifiche aree di intelligenza rappresenta un’altra importante fonte di informazioni che la persona ha bisogno di considerare per individuare la propria vocazione di vita.
 

Intelligenza e benessere psicologico
Dal punto di vista del benessere psicologico, la teoria delle intelligenze multiple ci suggerisce che se si desidera che le persone siano soddisfatte di sé occorre rispettarne le caratteristiche individuali.
 
Come sopra scritto, attualmente si tende a considerare “intelligenti” solo quelle persone che abbiano buone capacità linguistiche e logiche. Questo fa sì che le persone, che posseggono altre “intelligenze”, possano svalutarsi e sminuirsi. Se una persona è maggiormente intelligente dal punto di vista musicale, ad esempio, o dal punto di vista intrapersonale, potrebbe essere indotta a sentirsi “stupida”, se presta ascolto unicamente alla cultura dominante.
 
Per stare bene, invece, le persone hanno bisogno di individuare e coltivare le proprie specifiche capacità individuali.
 
Inoltre la collettività ha bisogno di individui diversi che abbiano intelligenze diverse. Ha bisogno di persone abili nell’uso del linguaggio e della logica, ma ha anche bisogno di persone capaci di lavorare con lo spazio, gli oggetti e le forme, ha bisogno di musicisti, di danzatori, di atleti, di persone capaci di cogliere le proprie e le altrui emozioni, di persone che sappiano svolgere difficili compiti dal punto di vista fisico, ha bisogno di filosofi e di mistici che diano senso all’esperienza umana, di ecologisti, e così via.
 
Coltivare dunque le diverse intelligenze specifiche, non solo promuove il benessere individuale, ma contribuisce anche al benessere della collettività.
 
Talvolta però le persone mostrano di avere un altro tipo di problema, ossia si focalizzano unicamente su di una “intelligenza” sviluppandola al massimo e trascurando tutte le altre.
 
E’ dunque vero che bisogna rispettare le differenze e le inclinazioni individuali, ma bisogna anche fare attenzione agli eccessi. Talvolta, infatti, mi è capitato di osservare che le persone che abbiano sviluppato una sola dimensione – o nel nostro linguaggio, una sola “intelligenza” – siano persone sofferenti. Questo tipicamente avviene quando la persona utilizza una propria capacità per compensare altre carenze. Ad esempio: “Non sono capace di ragionare logicamente, però fisicamente sono super-allenato!”, oppure: “Non riesco a integrarmi socialmente a scuola, però studio come un pazzo e sono il primo della classe!”.
 
In questi casi la persona usa tutte le proprie energie per sviluppare solo una capacità: “compensa” le proprie carenze iper-sviluppando un lato di sé. E, invece, per stare bene avrebbe bisogno di riequilibrare le proprie “intelligenze” occupandosi intenzionalmente delle dimensioni non sviluppate (come confermano ad esempio le ricerche che hanno evidenziato gli effetti positivi dell’attività fisica sul benessere psicologico per quelle persone che per lungo tempo hanno trascurato la propria fisicità).
 
In sintesi, considerando il rapporto tra intelligenza e benessere, è possibile affermare che è bene:

  • Individuare e coltivare i propri specifici talenti.
    E’ fonte di benessere individuare, coltivare e utilizzare al meglio le proprie specifiche “intelligenze”.
     
  • Coltivare l’equilibrio tra tutte le proprie capacità.
    Se, per sfuggire al proprio disagio interiore o per altri motivi, ci si è concentrati solo su di una “intelligenza”, occorre intenzionalmente dedicarsi alle “intelligenze” trascurate.

Questa pagina è stata visualizzata 24.522 volte.