Come liberarsi dalla voce interiore autocritica [Video]
Un video per fare pace con se stessi
“Non ce la farò mai, non sono abbastanza bravo, bello, o competente, o intelligente e così via”. Mentre a volte essere critici con noi stessi è utile perché ci aiuta a fare del nostro meglio, spesso le voci autocritiche sono false o esagerate e finiscono per bloccarci e farci stare male.
Buongiorno, oggi voglio parlarti della voce nella testa che ti dice in continuazione: “Devi fare questo, non devi fare quello!”, e ti critica se non le obbedisci, dicendoti: “Non vai bene, potresti fare di meglio, non vali nulla, e così via”. La conosci?
Credo di sì, è un meccanismo universalmente diffuso tra gli esseri umani. Tutti in una qualche misura ce l’hanno, perché è evolutivamente utile.
È ciò che sta alla base della possibilità di adattarsi e di partecipare alla vita sociale. In altre parole è la modalità attraverso la quale hai imparato le regole e le aspettative degli altri e le hai fatte tue, le hai messo all’interno della tua psiche, con una serie di “Devo”. Ma a volte i “Devo” sono troppi o troppo rigidi e diventano un problema.
La psicoterapia si è occupata di questo problema fin dalla sua nascita. Sigmund Freud chiamava l’insieme dei “Devo”, più o meno coscienti, di una persona: “Super-Io”.
Nell’Analisi Transazionale, uno degli approcci di psicoterapia che apprezzo e seguo, l’insieme dei “Devo” viene chiamato Genitore Normativo, che si divide a propria volta in Genitore Normativo Positivo e Genitore Normativo Negativo.
Il Genitore Normativo Positivo è il “buono” della situazione e rappresenta quei “Devo” della nostra psiche che sono utili per sopravvivere e vivere bene. Ad esempio: “Prima di attraversare la strada si deve guardare a destra e a sinistra per vedere se arriva qualche veicolo”. Beh, questo “Devo” l’ho insegnato anche io ai miei figli e lo trovo particolarmente utile anche per me!
Il Genitore Normativo Negativo contiene tutti i “Devo” ripetitivi, distruttivi, bloccanti che conducono all’auto-sabotaggio dei nostri obiettivi. Ad esempio: “Mi devo sempre occupare dei bisogni degli altri prima di occuparmi dei miei”, è un “Devo” molto pericoloso e mortifero che talvolta rilevo nelle persone che seguo, perché le costringe a mettere i propri bisogni nel dimenticatoio in attesa del proprio turno, che però non arriva mai.
La domanda nasce spontanea: “Come mi libero di questo Genitore Normativo Negativo, visto che è così problematico?”. Per rispondere a questa domanda, bisogna prima però capire come si forma nella nostra psiche. Perché in genere se si capisce come si costruisce una cosa, poi si sa anche come smontarla.
Il Genitore Normativo Negativo nasce, cresce e si potenzia ogni volta che, specie nell’infanzia, soffriamo emotivamente senza avere la possibilità di rispondere a tale sofferenza emotiva con un comportamento utile, senza poterci fare qualcosa, senza poter arginare quella sofferenza. Quel senso di impotenza, quella sofferenza producono un trauma, una ferita nella psiche che avrà delle conseguenze in futuro.
Ad esempio, se nell’infanzia veniamo picchiati, o trascurati troppo spesso, o criticati troppo aspramente e queste esperienze segnano la nostra psiche, formando una ferita psicologica.
Questo trauma singolo, o una serie di mini-traumi simili che si ripetono nel tempo, fanno sì che nella nostra memoria si strutturi una “piccola storia” che rimane relegata nell’inconscio per il tempo a venire, anche per tutta la vita. Queste “piccole storie inconsce” sono state chiamate dagli psicologi in molti modi diversi: schemi mentali, schemi psichici inconsci, complessi, condizionamenti, copioni e così via, ma si tratta più o meno sempre della stessa cosa.
Tipicamente una “piccola storia inconscia” si compone di una MEMORIA DELL’EVENTO o degli eventi che hanno prodotto quel singolo trauma. In altre parole avremo, più o meno sepolto nell’inconscio, un pacchetto di percezioni legate a quell’evento, ossia tipicamente un’immagine, i suoni e tutte le varie sensazioni fisiche, come ad esempio gli odori, i sapori che stavamo percependo nel momento traumatico.
Oltre alla memoria delle percezioni dell’evento traumatico, la “piccola storia inconscia” si compone di una CARICA EMOTIVA REPRESSA, ossia di quell’emozione o di quelle emozioni che al momento non siamo riusciti a vivere e a trasformare perché lì-e-allora erano eccessive. Queste emozioni possono rimanere sotto il livello della coscienza anche per molto tempo, anche per decine di anni, come testimoniano le lacrime versate dalle persone in psicoterapia
Insieme alla memoria dell’evento e alla carica emotiva repressa la “piccola storia inconscia” contiene anche delle CONVINZIONI SU DI SÉ, SUGLI ALTRI E SUL MONDO. Come ad esempio: “Io sono sbagliato, o colpevole, o in pericolo, l’altro è buono, superiore, inferiore, il mondo è un posto pericoloso, un luogo imprevedibile, e così via”. Queste convinzioni sono giudizi inconsci che agiscono sulla psiche della persona senza che questa se ne accorga.
Accanto alle convinzioni su di sé, sugli altri e sul mondo, la “piccola storia inconscia” si compone di “DEVO INCONSCI”, ossia di decisioni sull’agire. Per non trovarmi più in quella situazione dolorosa, nasce in me la convinzione inconscia di dover fare qualcosa: devo obbedire, devo essere bravo a scuola, devo trattenere le mie emozioni, devo farmi piccolo piccolo, o al contrario devo essere più forte degli altri, e così via.
Questi “Devo inconsci” possono essere direttamente indicati dagli altri, in genere i “grandi”, i genitori, i professori che ci dicono cosa fare, del tipo: “Devi voler bene al tuo fratellino, non devi piangere, devi fare tutti i compiti prima di giocare”.
Oppure possono essere concepiti dalla persona stessa, spesso da bambino, ragionando tra sé e sé con le informazioni che ha disposizione e con le capacità mentali limitate che ha a disposizione.
Ma poco cambia, poco importa, una volta strutturato uno schema psichico con il suo “Devo inconscio”, questo continua a funzionare per tutta la vita. E la persona continua per tutta la vita a auto criticarsi se trasgredisce ad un suo “Devo inconscio”, a meno che non faccia qualcosa con la sua coscienza.
A questo punto, e prima di vedere cosa possiamo fare con la coscienza per liberarci dalla voce interiore critica, voglio fare un esempio di strutturazione di uno schema psichico, ossia di ciò che ho chiamato una “piccola storia inconscia”, in modo che sia più chiaro di cosa parlo.
Da piccolo mi sento solo e vado a cercare il mio amatissimo genitore, ma vengo rifiutato. Non me lo aspettavo e ci rimango malissimo. Mio padre o mia madre mi dice: “Che noia che sei! Non ho tempo per te ora! Vai a mettere a posto la tua stanza piuttosto!”. Così, visto che non posso esprimere il mio dolore/frustrazione, me ne vado a rimettere a posto la stanza. Poi dopo un po’ il mio genitore viene e si congratula con me per aver messo a posto la stanza. Così, dopo tante volte che succede questo avvenimento, mi costruisco una “piccola storia inconscia”, ossia uno “schema psichico inconscio” che funziona e mi influenza senza il mio volere, del tipo: “In me ci saranno sempre la memoria di quei rifiuti e il dolore relativo. Mi sono dunque convinto che nel momento del bisogno l’altro mi rifiuta perché probabilmente c’è qualcosa che non va in me. Mi sono convinto che sono io a non andare bene, che non sono degno di amore e che l’altro, invece, è meglio e più potente di me, e può darmi l’amore e il riconoscimento di cui ho bisogno. Devo quindi fare le cose per bene, fare il mio dovere perché in questo modo l’altro vedrà che vado bene e mi darà un po’ di affetto”.
In questo esempio, si struttura un “Devo inconscio” basato sul perfezionismo.
Probabilmente da grande, la persona non sarà consapevole di tutta la “piccola storia”, dello “schema psichico inconscio”, ma sarà consapevole degli effetti di questo sulla propria psiche, ossia di una voce interiore autocritica che continuerà a ripetere incessantemente: “Sono pigro e fiacco, mentre devo finire il mio lavoro! Non è il momento di riposarsi, la casa va messo a posto”. E così via.
I “Devo inconsci”, i “vado bene se” producono dei comportamenti rigidi e, di conseguenza, sono alla base di molti sintomi psicologici.
Questo perché se non riesco a soddisfare i miei “Devo inconsci” mi sentirò in ansia. Se invece mi convinco che non ho nessuna possibilità di soddisfare i miei “Devo” in futuro, finirò per sentirmi depresso. O magari mi isolerò, temendo – sotto sotto – che gli altri possano accorgersi di quanto non vado bene visto che non soddisfo i miei “Devo interni”.
Descrivo ora i “Devo inconsci tipici”, che possono essere raggruppati in cinque grandi categorie o tipologie, come ben descrive l’Analisi Transazionale:
- Il primo tipo prende il nome di “Compiaci” e produce un dialogo interno del tipo: “Devo essere altruista. Poiché non sono degno di ricevere le cure e le attenzioni degli altri, mi devo dare da fare per loro se voglio essere visto almeno un po’, devo essere più generoso di quanto sono ora”.
- Il secondo tipo di “Devo inconscio” si chiama “Sii forte” e genera una voce interiore del tipo: “Devo mostrare una corazza di forza. Poiché sono debole e in pericolo rispetto alle reazioni imprevedibili degli altri, non mi devo fidare, devo mantenere la guardia alta e non mostrare la mia tristezza o la mia paura perché potrebbe essere pericoloso farlo”.
- Il terzo tipo di “Devo inconscio” si chiama “Sii perfetto” e produce un dialogo interno del tipo: “Devo fare le cose in modo perfetto. Poiché non valgo nulla, per ricevere l’apprezzamento degli altri mi devo sforzare di fare tutto senza pecca”.
- Il quarto tipo di “Devo inconscio” prende il nome di “Dacci dentro” e genera un dialogo interno del tipo: “Devo mettere tutte le mie energie in quello che faccio, lavorare sodo. Poiché sono in qualche modo sbagliato, se mi esaurisco in quello che faccio posso sentire e dimostrare agli altri che valgo qualcosa”.
- Il quinto tipo si chiama “Sbrigati” e, come dice il nome, produce una voce interiore del tipo: “Corri, sbrigati. Poiché non sono un granché devo realizzare più cose possibili, non mi posso fermare!”.
Ora che abbiamo visto i diversi “Devo inconsci” e come si struttura la voce interna autocritica che li sostiene, mi è più semplice rispondere alla domanda: “Come mi libero dalla voce interna autocritica?”.
Essenzialmente vi sono due strategie: una modalità di lungo periodo ed una di breve periodo.
La modalità di lungo periodo mira a eliminare lo schema psichico inconscio di cui il “Devo” e la voce interna autocritica fa parte. La modalità di breve periodo mira, invece, a gestire lo schema psichico inconscio in modo che questo non abbia potere sulla vita psichica della persona e non la influenzi.
Il lavoro di lungo periodo prevede una trasformazione dello “schema psichico inconscio”, ossia una riscrittura della “piccola storia inconscia” in modo che essa non sia più presente nella nostra psiche e, conseguentemente, i suoi “Devo inconsci” non possano più influenzarci.
Questo è un lavoro lungo e profondo che si basa sull’accedere alla memoria dell’evento traumatico e alla carica emotiva repressa. In altre parole si ricorda il trauma e si rivivono le emozioni ad esso legate allo scopo di trasformare l’intero pacchetto, ossia la carica emotiva repressa, le convinzioni negative su di sé, gli altri e il mondo e, conseguentemente, i “Devo inconsci”.
Per ricordare i traumi e le emozioni ad essi legate occorre portare l’attenzione alla propria vita interiore e porsi delle domande, del tipo: dove ho imparato questo mio “Devo”? Cosa stava succedendo nella mia vita in quel momento? Che facevano le persone attorno a me? I “grandi”? Cosa mi dicevano? Come si comportavano con me?
Questa strategia di lungo periodo tipicamente richiede molto tempo, prima che gli schemi psichici inconsci vengano trasformati. Di solito viene portata avanti con l’ausilio di una guida, di uno specialista, di uno psicoterapeuta.
Il secondo tipo di lavoro sulla voce interiore critica è una strategia di breve periodo e si basa sulla gestione degli schemi psichici inconsci. È una strategia di breve periodo perché i suoi benefici possono essere raccolti anche immediatamente e si basa sul coltivare il riconoscimento e la disidentificazione dai propri schemi psichici inconsci.
In particolare bisogna fare quattro cose:
La prima cosa da fare è RICONOSCERE il “Devo” del proprio schema psichico, ossia portarlo alla coscienza. Occorre quindi individuare tra i cinque tipi di “Devo inconsci” di cui ho parlato in precedenza quello e quelli che influenzano di più la nostra vita mentale.
Per fare questo serve naturalmente una grande capacità di onesta introspezione. E questo è un problema, perché spesso le persone credono davvero alle proprie voci interiori, ossia credono che devono “sbrigarsi”, o “darci dentro”, o mostrare una corazza, o compiacere, o fare le cose in modo perfetto, anche se in realtà non ce n’è bisogno.
Credono, cioè, al proprio dialogo interiore fatto di “Devo” e di auto-critiche e non si accorgono che queste voci interiori sono semplicemente parte di uno schema psichico che si ripete senza sosta da una vita.
Per riconoscere dunque il proprio “Devo inconscio” più pervasivo e nocivo è necessaria una grande capacità di introspezione spregiudicata. Talvolta può essere più efficace rivolgersi ad uno specialista che faccia da specchio.
La seconda cosa da fare è DISIDENTIFICARSI dallo schema psichico. Una volta riconosciuta la presenza dello schema psichico col suo “Devo” le sue auto-critiche, ossia una volta che ci si è detti, ad esempio: “Ecco in me c’è spesso questa voce che mi dice che devo sempre fare le cose in modo perfetto”, occorre accettare la presenza dello schema psichico.
Occorre auto-osservare la voce autocritica e le emozioni connesse e dire “Sì”. Questo permetterà di prenderne le distanze. Sta a dire: io con la mia capacità Adulta posso osservare il mio “Devo” in azione, che ora non è più inconscio, perché lo vedo, lo riconosco e lo accetto. Con la mia coscienza Adulta non sono più identificato con il mio “Devo”, non ci credo più a priori, ma ne valuto l’appropriatezza in base alla realtà dei fatti.
Ascolto la mia voce interiore ripetermi: “Devo fare le cose in modo perfetto, senza nessunissimo errore”, accetto che ci sia questa voce in me, ma valuto se è davvero così: “È vero che devo finire assolutamente di mettere a posto la libreria oggi?”
La terza cosa da fare è RISPONDERE COSCIENTEMENTE al proprio “Devo”. In altre parole occorre cambiare il proprio dialogo interno intenzionalmente. Posso dire alla mia voce autocritica: “Non è vero che devo fare le cose in modo perfetto ora. Non è vero che, ad esempio, devo ordinare i libri della mia libreria in modo perfetto, per argomento e per cognome dell’autore. Non crolla il mondo e non è necessario”.
La quarta cosa da fare è CAMBIARE IL COMPORTAMENTO. Occorre disobbedire coscientemente ai propri “Devo” quando questi sono controproducenti. Ad esempio: invece di passare le prossime due ore a riordinare perfettamente la mia libreria, voglio fare qualcosa di bello per me, ad esempio telefonare a quel mio amico, o fare una passeggiata.
Naturalmente questo lavoro non è né semplice né regalato. Richiede energia perché la voce interiore autocritica è molto convincente e ci accompagna da decine di anni. E si porta dietro una serie di emozioni negative che la fanno diventare ancora più convincente.
Per questo motivo il lavoro di breve periodo di disidentificazione va ripetuto varie volte, con fiducia e costanza. Perché con la pratica, si diviene via via più bravi, si crede sempre di meno alla propria voce interiore autocritica e, di conseguenza, si diventa più liberi da essa.
Come abbiamo visto, la voce interiore autocritica viene da lontano. Spesso poggia su schemi psichici che si sono formati in un remoto passato, spesso da bambini. E addirittura qualche autore afferma che si possano essere formati in epoche anche anteriori.
Ma poco conta! Quello che è importante è che oggi ci possiamo fare qualcosa.
Oggi possiamo lavorare per trasformare gli schemi psichici o per gestirli e fare qualcosa di diverso e di più bello con la nostra vita.
Alcuni riferimenti ai contenuti espressi nel video:
- L’Analisi Transazionale è un approccio di psicologia e psicoterapia che trovo intelligente ed efficace: un articolo introduttivo
- Il libro capolavoro in tema di Analisi Transazionale