Adriano Stefani Psicologo

L’imbarazzo di parlare con uno psicoterapeuta

Cosa fare se si desidera iniziare una psicoterapia ma si prova imbarazzo all’idea di parlare con uno psicoterapeuta?

L’imbarazzo di parlare con uno psicoterapeuta
Vorresti intraprendere un percorso di psicoterapia, ma c’è qualcosa che ti frena.

Sei motivato, sei consapevole di averne bisogno, hai individuato uno o più psicoterapeuti che potrebbero essere quelli “giusti”, ma titubi. Qualcosa ti trattiene, qualcosa che si agita nel fondo della tua coscienza, qualcosa che, all’idea di parlare con uno sconosciuto delle proprie questioni personali, produce una stretta allo stomaco. Paura – più o meno intensa – di svelarsi di fronte ad un estraneo, anche se è un professionista della salute mentale.
 
 
L’imbarazzo può essere un ostacolo alla psicoterapia
In un percorso di psicoterapia è necessario aprirsi con onestà e parlare delle proprie questioni importanti della vita affettiva e della sfera lavorativa. E’ necessario mostrare i propri sentimenti, esprimerli alla presenza dello psicoterapeuta. Fa parte del lavoro psicoterapeutico descrivere le proprie sofferenze e i propri sintomi, cosa che magari non si è mai fatto con nessuno prima. E questo talvolta (spesso) provoca imbarazzo.
 
L’imbarazzo di aprirsi con lo psicoterapeuta può essere vissuto non solo dalle persone timide, che abitualmente hanno timore di parlare con gli altri, ma anche da quelle persone che normalmente si sentono sicure nel parlare con gli altri ma che lo fanno senza affrontare argomenti intimi.
 
Questo imbarazzo rappresenta un ostacolo alla psicoterapia che senza onestà e franchezza non può aver luogo.
 
In questo articolo, dunque, intendo fornire delle chiavi per affrontare (e superare) questo potenziale impedimento al lavoro psicologico su di sé.
 
 
La paura di aprirsi
Le persone possono essere restie ad aprirsi con uno psicoterapeuta per vari motivi.
 
Si può temere di essere giudicati negativamente dallo psicoterapeuta se questi verrà a conoscenza degli aspetti “segreti” della propria vita.
 
Si può temere di essere rimproverati, apertamente o indirettamente, con il solo sguardo (magari alzando il sopracciglio come faceva la mamma quando eravamo piccoli).
 
Oppure si può temere di perdere il rispetto del terapeuta quando questi arriverà a conoscerci a fondo. E se lo psicoterapeuta perderà il rispetto di noi, magari ci curerà con minore attenzione o minore dedizione o, addirittura, si rifiuterà di continuare a lavorare con noi inviandoci ad un collega e di fatto abbandonandoci dopo esserci aperti con lui …
 
Si può temere di venir danneggiati se si sveleranno allo specialista alcuni fatti di sé o della propria famiglia. Ad esempio si può temere che il terapeuta, intenzionalmente o no, possa diffondere le informazioni riservate che gli sono state rivelate, danneggiando il proprio buon nome o quello dei propri familiari.
 
Queste paure per fortuna molto raramente sono realistiche.
 
Lo psicoterapeuta, infatti, si è preparato all’esercizio della sua professione con molti anni di studio/pratica ed ha imparato ad accogliere positivamente i propri pazienti.
 
Spesso queste paure irrealistiche di venir giudicati, rimproverati, puniti, abbandonati o danneggiati, riflettono la storia di vita della persona e i suoi apprendimenti passati. Ad esempio, la persona che ha molta paura di essere criticata, probabilmente è stata molto criticata in passato (leggi da bambino). La persona che teme di essere abbandonata, ha sofferto esperienze di abbandono in precedenza. E così via …
 
Gli apprendimenti passati attivano oggi nella persona uno stato di allarme permanente che risulta ingiustificato per la situazione reale che il paziente sta vivendo con lo psicoterapeuta. Quindi, anche se lo psicoterapeuta accoglie positivamente la persona, questa teme di essere criticata, abbandonata, rifiutata, rimproverata, derisa e, di conseguenza, ha paura di aprirsi.
  
 
Argomenti razionali
Di fronte alla propria paura irrazionale di aprirsi, le persone che vogliono iniziare una psicoterapia hanno bisogno di trovare un antidoto – magari temporaneo – che fornisca loro la forza per uscire dalla situazione di stallo in cui si trovano.
 
A questo scopo fornisco di seguito alcuni argomenti razionali che le persone che provano imbarazzo all’idea di parlare con uno psicoterapeuta possono utilizzare per rispondere alla propria paura bloccante e, in tal modo, darsi la possibilità di fare quel “salto nel buio” necessario per cominciare la psicoterapia.
 
  • Lo psicoterapeuta è un professionista preparato nell’arte di accogliere le persone. Durante il suo percorso formativo, per mezzo di studi, di supervisioni da parte dei terapeuti didatti e, soprattutto, mediante il proprio percorso di terapia personale, lo psicoterapeuta impara a smussare i propri lati critici e rifiutanti. Al termine del lungo training preparatorio lo psicoterapeuta ha le competenze (chi più chi meno!) per aiutare il paziente a rilassarsi, fidarsi e ad aprirsi con lui. 
     
  • Lo psicoterapeuta non giudica. O sarebbe meglio dire: non giudica negativamente, non condanna. Vede e valuta le difficoltà del paziente, ma sa che tali difficoltà sono sempre il risultato della storia di vita della persona. In altre parole lo psicoterapeuta riconosce che la persona in difficoltà sta sempre facendo del proprio meglio con gli strumenti che ha. Ne riconosce la buona fede. Quando lo psicoterapeuta individua delle mancanze, lo fa nell’ottica di aiutare la persona a crescere e a star bene, e non per biasimarla o punirla.

    Se lo psicoterapeuta riconosce in se stesso la difficoltà a mantenere questo atteggiamento amorevole nei confronti del paziente, e si accorge di essere critico e ostile nei suoi confronti, ha il dovere professionale di consigliargli un altro professionista di sua fiducia.
     
  • Lo psicoterapeuta è strettamente tenuto al segreto professionale. Non può rivelare le informazioni apprese durante le sedute a meno che il paziente non lo autorizzi esplicitamente o “qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi” (cosa molto rara che ha me personalmente non è mai capitata). 
Questi argomenti “razionali”, proprio in quanto razionali, possono aiutare la persona a tenere a bada il proprio imbarazzo anche se probabilmente non riusciranno a far scomparire del tutto la sua paura di aprirsi con lo psicoterapeuta.
 
Ciò è normale. Cambiare il proprio profondo vissuto di paura o di vergogna è, in questi casi, l’obiettivo di lungo periodo della psicoterapia, per il quale potrebbe essere necessario anche molto tempo.
 
Ma nessun lungo viaggio comincia senza un primo passo.
 
Innanzi tutto la persona che prova imbarazzo all’idea di parlare con lo psicoterapeuta ha bisogno di ripetersi e di fare propri i precedenti argomenti razionali per trovare lo slancio necessario a compiere il primo passo e per dare a se stessa la possibilità di intraprendere il lavoro psicoterapeutico.
 
 
Prepararsi al primo incontro
Dopo aver trovato lo slancio necessario ad iniziare la psicoterapia, occorre contattare lo psicoterapeuta e fissare un primo appuntamento. Questo talvolta avviene per email e, più spesso, per telefono.
 
Può essere difficile effettuare la prima telefonata ed è normale sentirsi un po’ nervosi. E’ bene ricordare, però, che la prima telefonata sarà probabilmente molto breve. Presumibilmente le informazioni scambiate saranno poche e finalizzate a fissare l’appuntamento: la conoscenza reciproca e le ragioni per cui si richiede un appuntamento saranno approfondite solo durante l’incontro vero e proprio.
 
Se si teme di imbarazzarsi all’idea di incontrare per la prima volta lo psicoterapeuta è bene ricordarsi che:
 
  • Il primo incontro sarà più un momento di conoscenza reciproca e di valutazione iniziale piuttosto che una seduta di psicoterapia vera e propria.
  • Sebbene si parlerà del proprio problema, non sarà necessario dire ogni cosa e aprirsi completamente durante il primo incontro. Durante il primo incontro la persona non è lì solo per parlare di sé (cosa che è maggiormente imbarazzante), ma anche per prendere informazioni sulla terapia. A questo scopo potrà porre delle domande sul terapeuta e sulla terapia. Ad esempio: che tipo di psicoterapia viene praticata, come si svolgono le sedute, quali sono i costi, i tempi e le condizioni di pagamento?
  • Inoltre, per tenere a bada l'imbarazzo del primo incontro, può essere utile preparare un elenco scritto che riporti ciò che si intende dire e le informazioni che si vogliono chiedere.
  • Infine è bene ricordarsi che, come ogni tipo di relazione, anche quella con lo psicoterapeuta cresce e si fa più intima con il tempo, e che quindi è normale sentirsi un po’ “distanti” durante il primo incontro
 
Prepararsi ad una seduta
Una volta che la terapia ha avuto inizio e le sedute si sono fatte regolari, il paziente e il terapeuta stabiliscono un rapporto che si approfondisce e si stabilizza gradualmente. Se ciò nonostante il paziente continua a vivere un senso di nervosismo e di imbarazzo all'idea di affrontare una seduta, può essergli utile fare un lavoro di preparazione prima di ogni seduta.
 
Se il terapeuta ha assegnato dei “compiti a casa”, come ad esempio prendere la metropolitana in caso di un Disturbo d’ansia o eseguire un esercizio per iscritto di Decision making, è abbastanza chiaro cosa deve fare il paziente per prepararsi alla seduta: deve svolgere i compiti assegnati e prepararsi a parlarne in seduta.
 
Quando non vi sono “compiti a casa” il paziente può prepararsi alla seduta riflettendo in anticipo sugli argomenti che vorrebbe affrontare col terapeuta. Potrebbe essere utile scrivere cosa è avvenuto di rilevante tra una seduta e l'altra, quali sono stati i miglioramenti o i peggioramenti, quali le riflessioni e le nuove comprensioni sviluppate autonomamente.
 
Se si prova imbarazzo a parlare di alcuni argomenti specifici può essere più facile scriverli su un foglio e darli da leggere in seduta al terapeuta. Può anche essere utile scrivere come ci si sente prima di una seduta. Addirittura, se ci si sente in imbarazzo all’idea che il terapeuta legga il nostro foglio in seduta, si può pensare di mandargli una email prima della seduta.
 
Esprimere i propri sentimenti per iscritto, può essere un buon modo per iniziare a sentirsi sicuri nell’esprimere i propri sentimenti al terapeuta. Poi, gradualmente, si può imparare ad aprirsi dal vivo.
 
 
Se la relazione con lo psicoterapeuta non funziona
In genere col passare del tempo la relazione tra terapeuta e paziente si fa più profonda e l’imbarazzo iniziale tende a scemare. Questo può aver luogo in alcune settimane o anche mesi.
 
Tuttavia a volte, anche a terapia avviata, il paziente può continuare a sentirsi imbarazzato con lo psicoterapeuta.
 
In questi casi è possibile fare due ipotesi:
 
  1. La prima ipotesi è che l’imbarazzo sia proprio ciò che deve essere affrontato nel percorso psicoterapeutico. L’imbarazzo è cioè ciò che ha portato il paziente in terapia.

    Usando il linguaggio psicologico in questo caso si parla di “transfert”, ossia del fenomeno per cui i pensieri e le emozioni del paziente vengono spostati sul terapeuta e rivissuti in sua presenza. Ad esempio: il paziente teme da sempre di essere giudicato e quando un giorno incontra il terapeuta, comincia a temere di essere giudicato anche dal terapeuta e si sente in imbarazzo in seduta. In realtà la paura del giudizio apparteneva già alla persona, ma si concretizza oggi nel rapporto con il terapeuta. E questo è facilmente verificabile perché probabilmente la persona vive con imbarazzo molte altre relazioni nella propria vita.

    Se l’imbarazzo è il problema che il paziente vuole affrontare in terapia, è necessario che il paziente ne parli direttamente e apertamente col terapeuta, cosa naturalmente non facile ma che migliora la relazione col terapeuta e permette di affrontare il problema.
     
  2. La seconda ipotesi, dando per scontato che lo psicoterapeuta sia preparato e capace di essere accogliente, è che semplicemente il terapeuta non sia il terapeuta giusto per la persona.

    La relazione terapeutica è una relazione umana e, come succede nella vita quotidiana: con alcune persone si va d’accordo, con altre meno e con altre ancora per niente, semplicemente a causa della diversità delle persone tra di loro.

    Ma prima di giungere affrettatamente a questa conclusione, occorre sollevare la questione con lo psicoterapeuta stesso. Se dopo di ciò il paziente continua a non riuscire ad aprirsi con il terapeuta, può essere utile prendere in considerazione l’idea di cambiare terapeuta
Ma attenzione: non è sempre immediato e facile discriminare tra le due ipotesi.
 
 
La persona che si sente generalmente in imbarazzo con gli altri ha difficoltà ad aprirsi in terapia. Tuttavia, imparare a confidarsi con lo psicoterapeuta può rappresentare un importante passo sulla via verso la guarigione.
 
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